lunedì 31 ottobre 2016

Un barlume di speranza - Una storia ad episodi - Parte 9

Un barlume di speranza - PARTE 9

Tutto era perfetto finché a quell'angelo non venne un'idea, e la tranquillità svanì di botto:

"Let's have a swim, what do you say? So in this way we can say hello to the sun while in the water!"

Non so con quali forze ma Simone si alzò ed iniziò a spogliarsi, e senza dire una parola anche lei rimase in mutande. I seni di Hanna, illuminati dalla luna che li rendeva bianco latte, gli diedero un accenno di erezione. Imbarazzato camminò verso l'acqua e lei lo superò correndo e tuffandocisi dentro... ma non appena toccata la fredda e nera acqua di Barcelona Simone vomitò liquami maleodoranti e qualche indefinito pezzo semi solido, poi svenne. 
La ragazza non se ne accorse subito, pensava fosse seduto sulla banchina a guardarla, ma dopo averlo chiamato senza ricevere risposta si riavvicinò a lui. "Oh God, Simone! Simone!", urlò e lo scosse, prendendolo anche un paio di volte a sberle, ma niente sembrava risvegliarlo, "Hei! Help! Aiuda! Call an ambulance, please! Please!". 
Fortunatamente l'ospedale più vicino era distante appena un chilometro, chi ha deciso di costruire un ospedale che affaccia sulla spiaggia è stato proprio un genio. 
Racconti a puntate, un barlume di speranza parte 9, da Barcellona a GenovaSi risvegliò da solo, pieno di dolori, in una camera bianca mai vista prima. L'ago di una flebo indeboliva il suo braccio destro e, circondato da svariati macchinari che fanno "ping", si sentì quasi in una scena di un film dei Monty Phyton quando uno strano dottore entrò nella stanza coprendolo di incomprensibili frasi in catalano. Riuscirono a trovare un interprete che parlasse italiano e ciò che tradusse non fu affatto rassicurante: "El dottore dice che non stai biene, tienes que... devi fare una cura ma dice che non tienes molto tiempo... lo siento...". Nessuna novità per Simone, che replicò spiegando nel dettaglio la sua situazione. "Sí, pero hay que entender es que usted no tiene mucho tiempo de vida Mister Simone, si se queda aquí en el hospital tal vez usted tiene una semana o poco más...". Nessuna traduzione necessaria.

Una lacrima di realtà cadde sulla sua guancia, non era ancora abituato alla doccia fredda pur non avendo il riscaldamento da un po'. Ma cosa pensava, di cavarsela magicamente in qualche modo? Che il cancro che lo stava mangiando potesse sparire da solo e stare meglio da un giorno all'altro? Si rese conto di aver sbagliato tutto, che non sarebbe dovuto partire e lasciarsi alle spalle casa sua, la sua famiglia, gli amici... non voleva morire nel letto di quell'ospedale, tutto solo, senza poter salutare le persone a lui care. 
Trovò il modo di uscire da quell'ospedale senza che lo rinchiudessero nel reparto dei senza speranza e rubò una sedia a rotelle. Nuovamente una scena da film, perché quel poco di vita rimasto era proprio così, sembrava il finale di un brutto film americano. Spingendo a fatica la sedia fino a casa salì all'appartamento e, tramite internet, prenotò una nave per tornare in Italia in partenza alle 18 del giorno dopo. Inviò anche un'e-mail alla madre, avvisandola che sarebbe rientrato da li a poco e che le avrebbe telefonato appena sceso dalla barca a Genova.
Fece del suo meglio per spiegare al padrone di casa la sua situazione e, anche se vistosamente indispettito, non gli fece troppe storie... in fondo Simone stava morendo, glielo si leggeva in faccia; era intoccabile. E prima di coricarsi non trovò pensieri felici, continuava a domandarsi il motivo di quella malattia, continuava a chiedersi perché proprio a lui... ma ovviamente non trovò una risposta, non poteva esserci una valida risposta a quelle sue domande. L'insoddisfazione di una vita inutile prese in possesso ogni sogno, trasformando anche le memorie più semplici in terribili incubi irrazionali, come se ogni sua azione fosse stata sempre sbagliata. Il pensiero di essere sempre in torto lo ha sempre accompagnato, non c'è da stupirsi della sua presenza anche in questo momento.

Si svegliò molto tardi quella mattina, le poche ore di sonno turbolento e dolorante non aiutarono la già fievole voglia di alzarsi dal letto. Dopo aver pisciato sangue preparò il suo zaino e, lasciate le chiavi sul comodino, chiuse la porta dietro di se. Andò dritto verso il porto, senza nemmeno passare dalla scuola per avvisare che non sarebbe più andato, senza nemmeno cercare quella ragazza olandese che gli aveva regalato attimi di normalità; voleva solamente lasciarsi quella brevissima esperienza alle spalle e rientrare a casa per salutare i suoi cari ancora una volta.
Nella sala d'attesa, cosciente del fatto che avrebbe dovuto aspettare delle ore prima dell'imbarco, si mise a scrivere su un quaderno. Scrisse tutto ciò che avrebbe voluto dire a sua madre, a suo padre, a Luca, a tutti gli amici persi ormai da tanto tempo... scrisse una sorta di lettera, di testamento... tante righe e pagine di scuse per non esser stato quel che avrebbe dovuto invece essere.

E poi finalmente s'imbarcò, pronto per tornare a casa scomodamente seduto sulle poltroncine in mezzo ad altre 59 persone.

continua...

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